Un a me, un a te, un allu figghju di lu re

vico_del_garganoNel mio paesello delle Feste, Farina e Funerali, fino a qualche tempo fa tutte le colpe le abbiamo attribuite all’amministratore pubblico Peppino Maratea. Eccesso di discrezionalità, ardite capriole amministrative, mansueto interlocutore con l’opposizione, mani bucate, facile pietismo, battaglioni di clienti e questuanti, quadratore di ogni cerchio. Ma, Peppino Maratea lo faceva con lo stile, la capacità, il bon-ton, diciamo pure il disinteresse, che tutti noi gli abbiamo sempre riconosciuto anche nei momenti peggiori.
I sopraggiunti “figli” del marateismo non hanno imparato nulla da Maratea; si siedono a tavola senza curarsi dell’uso del tovagliolo, si sporcano sempre, ogni volata che si muovono. Vanno in giro per le vie del borgo bello con il muso sporco di sugo, perché sono incapaci di restare puliti.
L’affaire carrozzone Arif, le spartizioni, le oscure e pilotate assunzioni, mi ricordano un gioco da strada che facevamo da ragazzi, allora non avevamo altro: “Uno a me; uno a te; uno allu figghju di lu re”. Mentre, tranquillamente, pacificamente, silenziosamente, la famigerata pentammucchiata che (s)governa il paesello, ha subito aggiornato il manuale Cencelli con il più pratico manuale cencioso. E’ l’ennesima, triste pagina di un malaffare diffuso e tollerato, dove le prime vittime sono proprio la povera gente, i disoccupati, i padri di famiglia e i giovani senza padrini e padroni che dovrebbero essere tutelati dalla legge, dalla buona Politica, dai sindacati, dalle regole pubbliche sul collocamento e avviamento al lavoro, ed infine, dagli amministratori sporchi di sugo.
A Vico del Gargano, nel periodo della campagna elettorale regionale, tutti, ma proprio tutti, sapevano che si era aperto un vero e proprio bazar, un autentico Suck, il mercato elettorale di promesse di assunzioni, di posti a sedere e in piedi, da superare il numero degli alberi della Foresta Umbra. I nomi dei due collettori e galoppini sono anch’essi noti a tutti. Ma, come quella grande donna di Cecca da picciun, nessuno li pronuncia ma tutti sanno dove trovarli, davanti al bar.

In un paese dove non c’è più nulla di cui indignarsi: monnezza, randagismo, parcheggi, tassazione, servizi, lavori pubblici, ritardi, ed altro, perché dovremmo indignarci se il carrozzone Arif assume il cognato del sindaco, il fratello della vicesindaca, il nipote del consigliere di maggioranza ed altri soggetti vicini al consigliere Dattoli della cosiddetta opposizione? In questo paese, dove abbondano i premi e l’omertà, il silenzio e il quieto vivere, le schiene curve e le pacche sulle spalle, “la nuttata ancora nun passa”.

Michele Angelicchio per L’Attacco

1 Commento

  1. Vincenzo Facenna

    e chi e u figghju du lu re :-) hahahaha

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