«C’è un vento di rinnovamento che, partito da Vieste, soffia forte a Mattinata, Monte Sant’Angelo che, a Foggia ancora non è arrivato. Ma una leggera brezza sta arrivando anche nel capoluogo dauno». A poche settimane dall’anniversario, il sei novembre prossimo, dell’omicidio di Giovanni Panunzio, giorno in cui in molti sperano che anche a Foggia nasca: l’associazione antiracket, sull’argomento interviene Alfredo Fabbrocini il dirigente della squadra mobile che, dopo tre anni, il 20 novembre andrà allo Sco, il Servizio centrale operativo della polizia di Roma.
“Io stesso – confida Fabbrocini – ho cercato, per quanto possibile, di creare l’associazione antiracket. Quando ho avuto a che fare con qualche vittima, ho visto che quasi si cascava dalle nuvole. Adesso, invece, sanno di cosa si parla». Per il dirigente della polizia però, il vento di rinnovamento che soffia su alcuni territori del Gargano, un tempo considerati enclave mafiose, sta arrivando anche nel capoluogo dauno. E proprio ricordando una delle principali operazioni condotta su Vieste e denominata «Medio Evo» Fabbrocini ribadisce che «tempo ci vuole ma arriveremo anche a Foggia ad abbandonare il medioevo in cui una parte della criminalità in questa provincia ci vuole far rimanere».
Nominato dirigente della squadra mobile di Foggia il 10 gennaio del 2011, Alfredo Fabbrocini ha iniziato a lavorare in Capitanata già nel luglio del 2010 quando, da funzionario dello Sco, guidava la «squadra Gargano» con il compito di catturare Giuseppe Pacilli, pericoloso latitante della mafia garganica. Tre anni di intenso lavoro con blitz importanti, tra cui l’arresto di Giuseppe Pacilli nel maggio del 2011 dopo due anni e tre mesi di latitanza. Ma anche con qualche rammarico come quello di non essere riusciti a trovare Alessia e Livia le gemelline svizzere, quasi sicuramente uccise dal padre, prima che lui stesso si togliesse la vita gettandosi sotto un treno in corsa a Cerignola.
Una provincia, quella di Capitanata, in cui «i giovani – secondo Fabbrocini sono malati di malavita. Il fascino del male in questa provincia spinge all’emulazione». Ma un territorio dove la Società, la mafia di Foggia, e quella del Gargano «hanno sempre – aggiunge il poliziotto – camminato sotto traccia, ci hanno fatto credere per anni che non esistessero. La risposta dello Stato c’è stata, ma tardiva. Oggi non si ha più paura di accettare il fatto che alcuni settori della Capitanata sono malati, malati di criminalità. L’importante è che la parte sana se ne accorga». E Fabbrocini lascia un messaggio speciale alla Capitanata. «Sul Gargano – spiega – non bisogna mollare l’attenzione, per non disperdere quanto è stato fatto in questi anni. Peschici, Vieste Monte Sant’Angelo, Manfredonia sono un bene comune da tutelare. Oggi non si sente parlare di questi territorio per la mafia, ma per quanto di bello di paesaggistico e di religioso c’è. Sul Gargano è stato cambiato l’approccio mentale, bisogna riuscire a farlo anche nel capoluogo, a Foggia».