Il discorso di don Michele Pio Cardone, parroco della Chiesa Madre di San Nicola di Mira, in occasione della processione del Venerdì Santo a Rodi Garganico
Carissimi fedeli, è un clima particolare quello che ci circonda stasera, in questo giorno della Settimana Santa; oggi la Chiesa non celebra l’Eucarestia; è l’unico giorno dell’anno che questo avviene, perché il clima di festa che circonda ogni celebrazione eucaristica non si addice all’evento che ci riempie del suo ricordo e motiva il nostro digiuno: la morte di Gesù sulla croce. L’azione liturgica è dominata dalla Croce, segno di amore spinto fino al sacrificio supremo, fino alla donazione totale; questo amore ci riempie di stupore; la croce lascia spazio solo al silenzio e alla contemplazione. La nostra compostezza, il nostro silenzio però non è sconforto senza speranza, perché noi siamo qui non per celebrare la morte ma la vita, donata per amore, che né il tempo, né la superficialità e l’indifferenza degli uomini possono in qualche modo vanificare o cancellare. La croce si scosta dagli strumenti prodotti dall’odio per diventare via verso la vita. Il nostro silenzio allora non è dettato dallo sgomento, ma è imposto dallo stupore per un così grande amore. Il silenzio diventa così contemplazione, pace dell’anima, riconciliazione, gratitudine.
La croce è dono che stasera il Signore , in questo Anno Santo della Misericordia ,viene a farci mediante il quale possiamo leggere nella verità la nostra vita; e la verità è che la croce esiste davvero; con la croce dobbiamo incontrarci, perché parte integrante dell’esistenza. La croce la si incontra, immediata e brutale, in chi porta nella propria carne le stigmate del dolore e della sofferenza; è presente là dove si muore per la violenza, per la fame, la guerra, il terrorismo; è presente là dove la vita non incontra più il rispetto dal suo concepimento fino al suo tramonto naturale; là dove la vita è manipolata, magari con presunte pretese scientifiche, che talvolta, possono nascondere sporchi interessi economici. La croce è presente nella solitudine di tanta gente; nell’incomprensione; la croce è la dove non c’è più dialogo, là dove un affetto muore; là dove la famiglia si disgrega; là dove i figli piangono un affetto perduto o forse mai conosciuto. La croce è presente quando vediamo i nostri sogni infrangersi contro il tempo che passa inesorabile. La croce esiste e tutti saremo raggiunti dalla croce; è la condizione creaturale dell’uomo. E tutti siamo interpellati dalla croce.Mi vengono in mente ora le vostre storie che io da sacerdote conosco perchè voi ogni giorno me le raccontate .La nostra Città di Rodi Garganico è piena di sofferenze.
Stasera siamo qui davanti a questo bellissimo Crocifisso in attesa che arrivi la Statua del nostro Gesù Morto che stiamo restaurando.Tutti dovremo prendere posizione di fronte alla croce; non potremo dirci indifferenti; a me non riguarda. La via della croce è una via già tracciata per tutti; sta a noi percorrerla e a noi scegliere in quale modo vogliamo percorrerla. Carissimi lo so che l’incrocio con la croce è un incrocio impegnativo; vi confesso anch’io stasera Venerdì Santo, che di fronte alla croce avverto un disagio ; le parole escono impacciate e difficili con il rischio di fermarsi a frasi fatte, convenzionali, a luoghi comuni che, inconsciamente, nascondono la paura, o, per lo meno, la ritrosia, di fronte alla croce. Ma, ancora una volta, stasera, il Signore viene in nostro soccorso; ci precede su questa via, perché noi non la percorriamo da soli; ci prende per mano perché conosce la nostra fatica. Possiamo pertanto entrare nel racconto della Passione che ancora ci viene riproposto; è un mondo intero che si muove attorno a questo dramma umano e divino. Ci sono i discepoli con le loro paure, le loro delusioni; incontriamo Pietro che vede sconfitta la sua impulsiva generosità di fronte ad un confronto che lo coinvolge e lo compromette; c’è una folla vociante, che grida forte la sua delusione di fronte ad un messia sognato dominatore e scoperto sconfitto; ci sono gli uomini dell’istituzione, capi del popolo e sommi sacerdoti, che temono di vedere compromessa la loro posizione sociale dalla vicenda contrastata di questo strano rabbi; c’è Pilato, l’enigmatico personaggio, sempre in bilico tra la ricerca della verità e uno scetticismo cinico che alla fine lo sospinge verso il proprio tornaconto. Ci sono però anche altre persone, poche in verità, che hanno seguito Gesù fin sotto alla croce: sua Madre, alcune pie donne e “il discepolo che Gesù amava”, Giovanni, al quale Gesù, in un ultimo gesto di amore, consegna alla Madre a la Madre a lui: “Ecco tuo figlio… Ecco tua madre”.
La via del Calvario è una via tracciata: occorre che noi troviamo le modalità adatte per poterlo fare. Lungo questa strada troveremo dei punti essenziali, che sono come le condizioni necessarie per poterla percorrere, non come via verso il nulla, ma come via verso la risurrezione. E c’è una condizione previa di cui occorre equipaggiarci per iniziare il cammino: la disponibilità a compiere fino in fondo e sempre la volontà del Padre; la fiducia di abbandonarci al suo progetto nella certezza che mai saremo delusi. La preghiera è la forza, è l’affidamento, è la carta stradale che ci permette di non sbagliare strada e imbroccare vie che non possono condurci alla risurrezione. Senza la preghiera rischieremmo di prendere strade che potrebbero condurci alla disperazione, al non senso, al nulla.Importante è la verifica dell’accoglienza; l’accoglienza del fratello come un dono, non come un rivale da cui difenderci; un concorrente da tenere sotto controllo. Accogliere il fratello con tutti i suoi bagagli, compreso il bagaglio più difficile da far passare alla dogana del nostro egoismo: la sua carta d’identità! Perché, vedete, non ci vuole molto ad accettare il prossimo senza nome, ma occorre fatica per accettare quello che ha volto concreto, che incontro nel mio quartiere, nel mio condomino o, addirittura, all’interno della mia stessa casa. Ma il cristianesimo è la religione dei nomi propri, non delle essenze.Tendere la mano per primi a colui da cui mi sono diviso e che si è diviso da me. Riconciliazione nella società; riconciliazione nelle famiglie; nelle amicizie infrante; negli affetti infranti contro le secche del nostro egoismo. – è la verifica della comunione. Noi stasera portiamo in processione la croce come un popolo fedele ma dovremmo amarci di più e imparare a essere più uniti mettendo da parte tutto quello che ci divide. Ma, cari fratelli, chiediamo al Signore di darci stasera la forza e la determinazione di un gesto vero, non dettato dall’emotività di una circostanza particolare, non dalla tradizione; sia un gesto che esprime innanzi tutto la nostra gratitudine al Signore, uno di noi, che per noi è salito in croce dove ogni nostro peccato, ogni devianza e disarmonia è stata sconfitta; dove la speranza è tornata a scorrere nelle vene, spesso sclerotiche, della storia.
La croce che stasera portiamo sia per noi un invito alla conversione: diciamo sì a Cristo Signore per essere nel mondo intero e nel nostro mondo, in questa nostra Chiesa, in questa nostra Città, annuncio dell’amore di Cristo che salva; conversione che dovrà coinvolgere la nostra vita prima ancora e più ancora che le nostre intenzioni, perché il mondo, il nostro mondo ha bisogno di una Chiesa credibile per la qualità e la concretezza della sua testimonianza. Più ancora: tante persone che, anche in mezzo a noi, portano pesanti croci, ci chiedono solidarietà concreta, capacità di fermarsi, decisione di sceglierli come fratelli di cui prendersi cura, con cui essere veramente prossimo. I poveri – questi nostri fratelli poveri – non possono aspettare; hanno fretta di vedere, aiutati dal nostro concreto esempio e vicinanza, di scorgere l’alba di un mondo nuovo, l’alba della risurrezione, che fin da ora dia senso al proprio dolore, alla propria croce. A Cristo crocifisso vogliamo stasera, mediante la preghiera, consegnare il mondo, anche quello che recalcitra o non vuole saperne, perché tutti hanno bisogno di Lui, tutti Lui vuole salvare.
Con la Pasqua un mondo nuovo è possibile perché solo Cristo Risorto lo rende possibile. Facciamo in modo che il passaggio del Signore ci trovi attenti e vigilanti, pronti a seguirlo, certi del suo amore, certi della sua fedeltà che viene a confermare per noi un’alleanza nuova ed eterna. Salga ancora a Dio la nostra preghiera: “Rinnovaci a somiglianza del tuo Figlio”; “Fa che sull’uomo vecchio, segnato dal peccato, risplenda sempre più l’immagine dell’uomo nuovo, rinnovato dall’amore, incontratosi con l’amore, che vive l’amore dentro di sé e con i fratelli, segno, presagio e testimonianza di un mondo nuovo, il mondo della Pasqua”. Così sia!
don Michele Pio Cardone
Bravo gran belle parole ero passata per complimentarmi e darti un bacio ❤️