Tre tesori garganici, tre storie di abbandono

Ogni volta che passo per piazza Giannone mi chiedo con curiosità come possa essere l’ex convento dei francescani all’interno. Mi hanno parlato del suo cortile, della macina antica conservata lì, ma io dentro non ci sono mai entrato. O almeno non ricordo di esserci stato dato che quando è stato chiuso avevo soli cinque anni e sono cresciuto vedendolo sempre dall’esterno. Intere generazioni ormai come me ignorano come sia fatto all’interno l’ex municipio. Una struttura antica mai rivalorizzata, ma anzi condannata ad una lunga agonia.

Leggendo alcuni libri si ricava che su una delle colonne del porticato è iscritta l’anno 1724 come anno di inizio dei lavori di costruzione dell’ex convento. Il paese ha scavalcato le mura del centro storico da un secolo e mezzo e quindi lo stabile è circondato già da case e da orti, ed è cinto da muro che contiene 25.000 mq circa di superficie . L’orto del convento dei Padri riformati francescani è adiacente a via delle Grazie, Giro Esterno e Palazzo Pepe. Dieci anni più tardi il convento non è ancora ultimato ma è considerato da padre F. Arcangelo di Montesarchio “uno dei più buoni e belli conventi della provincia. È pur anco disegnato il giardino, assai comodo, e di buon sito, ma non è ancora ammurato, essendo il tutto imperfetto, ma vedrassi di perfettissima semetria”. Nel 1753 si affianca al convento la chiesa Santa Maria delle Grazie.

Nell’inventario del sindaco Sebastiani del 1809 (ordinato da Gioacchino Murat, comandante francese) il complesso risulta formato: da un orto ammurato e arborato con circa due versure, una mula d’imbasto che non si riesce a trovare, qualche arredo sacro in argento, le statue di San Pasquale e di Sant’Antonio. In base all’inventario di Di Giuva del 1811, invece, “i Beni mobili e immobili del convento risultano così costituiti: 35 volumi della biblioteca dei frati; 20 stanze di lamia finta; 4 corridoi (di cui tre corrispondenti) e un quarto che forma una loggia coperta; Piano terreno con cucina, locale del fuoco comune, refettorio, piccola chiesa con 2 altari, una chiesa più grande con 7 altari (di cui uno con statua in pietra di s. Giuseppe), un chiostro al centro con cisterna, un muro che include l’orto con 27 alberi di fichi e 7 alberi di “amendole”. Nello stesso anno l’intendente Charron, con la netta opposizione degli amministratori locali, ordina la soppressione del convento, che verrà riaperto con la Restaurazione fino al 1866. Il sindaco Gennaro De Monte si batté fortemente contro la chiusura e nel 1863 affermava che i frati “Con la predicazione possono più degli altri ammaestrare la classe ignorante piena di pregiudizi, istruirla ai principi della fede cristiana e incamminandola verso il progresso e la civiltà.”. Il consiglio Giornetti nel 1867 decide di acquistare l’ex convento per ubicare all’interno alcuni servizi per la comunità, come il servizio di magazzino del grano e guardia nazionale e per poi divenire sede del comune.

L’inizio della fine. Sabato 30 settembre 1995 è un sabato come tanti. La gente si sveglia, va a lavorare, i bambini vanno a scuola. La mattinata sembra procedere tranquilla. Alle 11.14 la terra trema per dieci lunghi secondi. L’intensità del sisma è del settimo grado della scala Mercalli. “L’ epicentro della scossa sismica che ha allertato Puglia, Basilicata, Irpinia e Basso Molise, e che a Foggia ha fatto scappare numerose persone dalla sala in cui si stava inaugurando la Fiera campionaria d’ Ottobre, e’ stato individuato tra San Giovanni Rotondo, Monte Sant’ Angelo e Carpino” si legge sul Corriere della Sera del 1 ottobre 1995 a pagina 15. Una scossa del terzo grado aveva fatto sussultare il Gargano qualche giorno prima, “conseguenza dello “scossone” di nono grado con epicentro in mar Adriatico, davanti alla costa dalmata”. A Rodi Garganico il crollo di un cornicione provoca quattro feriti non gravi, tra i quali un bambino di dieci anni. Per fortuna non ci sono state vittime. O meglio le vittime sono stati alcuni monumenti e chiese, tra cui il nostro ex convento. Il 30 settembre 1995 l’ex convento è condannato all’oblio. Dopo la dichiarazione dello stato di inagibilità il comune si trasferisce nella sede nuova. Eppure già nel 1988 vi era un progetto di restauro firmato dagli architetti Muciaccia e Fatigato da 200 milioni di lire che però non trovo finanziamento. La Comunità Montana, 18 anni dopo decide di inserire il recupero dell’ex convento nel programma triennale dei lavori pubblici 2007/2009 con una spesa prevista di 500 mila euro. Il 12 gennaio 2007 con la determina numero 18 all’architetto Stefano Gatti di Foligno (PG) è stato dato l’incarico per la progettazione preliminare, incarico ufficializzato il 22 marzo dello stesso anno. Il 6 luglio 2007 viene consegnato il progetto da 499.702,21 euro che prevede la riparazione delle lesioni della struttura e dei quadri, la rifunzionalizzazione statica e il miglioramento e l’adeguamento sismico per una spesa si 374.729,29 a cui si aggiungono 125.270,71 euro di spese tecniche, imprevisti e IVA. La spesa viene imputata al bilancio 2007. Il 1 ottobre 2008, il comune di Cagnano concede il permesso di costruire nei locali dell’ex convento alla comunità montana del Gargano. Secondo Palma De Simone, assessore alla cultura intervenuta lo scorso 11 ottobre durante un incontro sull’ex municipio organizzato dalla nostra associazione, il progetto riguarda sia il piano inferiore sia quello superiore con l’intenzione di ristrutturare e adibire il piano inferiore a “contenitore culturale”, con sale conferenze ecc., e con quella di adibire il secondo piano ad un museo (di carattere antico e/o contemporaneo) e biblioteca. In questo ultimo caso più che biblioteca, che è ora presente in un’area prima inutilizzata delle medie, si ha l’intensione di creare un archivio storico di cui è già presente buona parte nel municipio (proprio a questo proposito l’assessore ha invitato la popolazione a presentare ognuno i propri reperti storici che in questo modo saranno sicuramente conservati meglio). Più scettico invece è stato il consigliere Daniele Iacovelli: “la Comunità Montana sarà sottoposta a considerevoli tagli e quindi dubito che questi fondi arriveranno a destinazione. Il comune se vuole può far restaurare facilmente il convento chiedendo aiuto alle banche (come hanno fatto ad Ischitella), che per questo tipo di iniziative cedono sempre prestiti e mutui. Purtroppo questa pratica è attuata solo da Ancona in su”. Sono dunque tante le domande a cui non si riesce a trovare risposta: i finanziamenti sono andati persi con la soppressione della Comunità Montana? Se sono ancora “attivi” saranno soggetti a ridimensionamento? Quando partiranno i lavori? L’unica certezza è che l’ex convento rimane lì, nella piazza più importante del paese, in balia degli agenti atmosferici, in balia dei potenziali (speriamo di no) eventi sismici, in balia delle esplosioni delle varie feste religiose, condannato 14 anni fa da quel maledetto terremoto del ’95 alla sua lunga e triste fatiscenza. E a noi cittadini rimane la rabbia di chi avrebbe voluto un recupero graduale ma concreto della struttura e la nostalgia di chi l’ha vissuto quando era ancora agibile.

Tre tesori garganici, tre storie di abbandono

Lo scorso 11 ottobre nell’aula ex anagrafe si è svolto l’incontro “L’ex convento e i tesori garganici abbandonati” organizzato dalla nostra associazione. Si è parlato non solo di ex convento ma anche di Kalena e delle Torri di Varano. L’abbazia di Kalena, situata a poche centinaia di metri dal mare a Peschici è una delle abbazie più antiche della nostra zona. Infatti secondo alcuni documenti se ne ha testimonianza già nell’827, senza contare che il nome Kalena in greco significa bella e quindi non si esclude un’origine preromana del monastero. Ad aggravare il suo stato di abbandono che risale al Quattrocento, vi è anche la zona in cui è situata, di tipo alluvionale. A questa abbazia approdavano i pellegrini che venivano via mare sul Gargano per recarsi al santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo. L’abbazia inoltre era un punto di riferimento anche per l’economia pastorale dell’epoca. Nel giugno del 2009 crolla il tetto dell’abbazia, segnale d’allarme per la sua staticità.

Per quanto riguarda le Torri di Varano, possiamo distinguerne due, situate a circa cinquecento metri l’una dall’altra. Padre Cristoforo già nel 1269-70 parlava di queste torri, appartenenti ad un certo Riccardo. Lo stesso Laganella continuando la ricerca contenuta in una pubblicazione di Angela Pica, ha desunto che le strutture non risalirebbero al periodo degli Aragnonesi, ma degli Svevi. La due torri, che avevano funzione di comunicare attraverso segnali di fumo le invasioni nemiche ai castelli dei vari centri garganici, hanno subito due duri colpi causati dall’incuria. Nel 1987 è venuta giù parte della Torre Grande, mentre ultimamente si è aperto uno squarcio nella Torre Piccola.

Il caso dell’ex convento di Ischitella
Un altro esempio di ex convento lo abbiamo a Ischitella, anche qui dei francescani. A differenza di quello di Cagnano, questo ex convento è stato ristrutturato con un mutuo fatto dal Comune guidato dall’Amministrazione Giordano perché si intendeva destinarlo a ospizio per gli anziani, riprendendo l’antica funzione dello stabile di ospizio per i poveri. Il convento però non venne mai utilizzato a questo scopo a causa di alcune bagarre politiche interne all’amministrazione e ad alcune difficoltà tecniche. Per dieci anni la successiva amministrazione non lo utilizzò e alcuni vandali lo presero di mira. Con l’avvento dell’attuale amministrazione, in un primo momento si era pensato di far ritornare lì la sede comunale, ma si è preferito destinare la struttura a museo civico (con i reperti ritrovati a Monte Civita) e a sede per le varie associazioni di Ischitella.

di Emanuele Sanzone
Schiamazzi – Novembre’09

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