Gli studiosi della nutrizione si azzuffano ancora oggi; non è pane, non è pizza e neanche focaccia, è tutte queste cose insieme, è la Paposcia di Vico del Gargano, semplice, comune, essenziale.
Si ricava da una noce di pasta di pane lievitata, schiacciata, allungata e subito passata al fornaio per la cottura a fuoco vivo. Gli ultimi fornai, quelli prima dell’arrivo dei forni elettrici, dicono che la cottura della paposcia è un’anteprima per verificare la lievitazione della pasta e la temperatura del forno a legna. Il lievito e il forno vivo fanno il miracolo di gonfiarla, quando il colore raggiunge il paglierino e il vapore sbuffa dal di dentro allora è pronta.
Questa è la Paposcia, pane nostrum che per secoli ha accompagnato la nutrizione e i palati semplici.
Nel 1996 nasce il primo Club della Paposcia. Chi passa per via Giovanni XXIII lo trova al numero 95, qui ogni socio si inventa una farcitura a piacere, sempre diversa, ma i canoni tradizionali della paposcia restano immutati da secoli: sale e olio extravergine di oliva; oro verde degli ulivi monumentali del Gargano, qualcuno preferisce il cacio-ricotta nostrano con una fogliolina di rucola e, poi, via, via tutti gusti della globalizzazione accompagnati da un bicchiere di rosso Zagarese o Macchiatello, due eccellenti vini delle nostre assolate colline.
Non c’è nulla da chiedere, segreti, tecniche, ricette, intrugli. È un processo semplice, un artigianato silenzioso, solitario, nessun mistero per gli ingredienti, le dosi, i tempi, la pazienza, i gesti, il fuoco e, poi, il profumo nell’aria.
Per difendere e conservare questa prelibatezza nel 2009 l’Amministrazione comunale Damiani, Assessorato all’Agricoltura e Ambiente, chiese ed ottenne il riconoscimento quale “prodotto tradizionale da forno” con denominazione “La Paposcia di Vico del Gargano”, con Decreto Ministeriale, n. 8663 del 5 giugno 2009.
Un intelligente lavoro di equipe: Roberto Budrago, Assessore comunale al ramo; Enzo Russo, Assessore Regionale all’Agricoltura; Leonardo Capuozzo, dell’Ispettorato all’Alimentazione, hanno consacrato, e dato il via libera, certificando la prelibata paposcia di Vico.
Michele Angelicchio
Ragazzi, che buone le paposce! Quest’estate, in vacanza sul gargano, farò una cura a base di paposce
BUONO E COSTA POCO..!!!!
Che farei per averne una a Firenze!!!! Bona bona!!!!
Chi sa chi ha inventato la pasta? I CINESI; gli italiani l’ìhanno apprezzata e perfezionata, proponendola in tantissimi formati. Chi ha inventato la PAPOSCIA? No, i cinesi, questa volta, no! Ma nemmeno i vichesi! La PAPOSCIA, di cui non è dato sapere chi, con certezza, l’abbia inventata, è patrimonio comune garganico. Si sa una sola cosa (e l’ho già detto non molti giorni fa): nasce, per inventiva di una massaia che ha recuperato la pasta rimasta attaccata alla madia (FAZZATòR’) e l’ha utilizzata per farne una sorta di focaccia (che, nel tempo, è stata variamente condita). Qualche vichese ha pensato bene di utilizzarla in un modo diverso: l’ha farcita in un certo modo, poi in alftri modi, poi, da prodotto di scarto/recupero, è assurta a ben altro onore ed oggi sta invadendo la Daunia, forse ha iniziato ad invadere anche le province e le regioni limitrofe. Arriverà in America, in Cina, in Giappone? Glielo auguriamo! MA NON INSISTIAMO A DIRE CHE LA BASE DELLA PAPOSCIA L’HANNO INVENTATA A VICO! Loro hanno ideato solo modi diversi di utilizzarla, impastando la farina appositamente!
AZZ CHE STORIA..!!!!
Uh che voglia