Il culto della Libera e il Santuario di Rodi Garganico tra fede, storia e tradizioni

madonna-della-liberaMaria, tu che le arene
Dei Turchi abbandonasti,
E nel cammin fermasti
Sul nudo sasso il piè.

Inizia con questi versi il tradizionale canto che i rodiani, da tempo immemorabile, innalzano alla Madonna della Libera, nostra protettrice.

I versi sintetizzano la storia intessuta di leggenda e di fede che fa da sfondo al patronato della Madonna della Libera dopo l’approdo a Rodi, mentre su “greco naviglio” era trasportata in Occidente, alla ricerca di un sicuro rifugio per sfuggire ai turchi che il 29 maggio 1453 avevano conquistato Costantinopoli.

Per ben tre volte il Sacro Quadro era sfuggito all’attenzione dell’equipaggio della nave che lo trasportava e che era rimasta bloccata in rada; per ben tre volte era stato ritrovato sul Sacro Sasso, intorno al quale è poi sorto il tempio. Solo quando il capitano, convinto della miracolosità dell’accaduto, ha deciso di lasciarLo a Rodi, ha potuto riprendere felicemente a veleggiare, giungendo a Venezia prima delle altre navi che facevano parte dello stesso convoglio e che avevano continuato regolarmente la loro navigazione. Era il 2 luglio 1453 e iniziava per Rodi e per il Gargano il patronato della Madonna della Libera.

Qualunque sia la reale provenienza del Sacro Quadro, fin da quel lontano 1453 tra i rodiani, prima, il Gargano tutto, poi, e la Madonna della Libera si è stabilito un filiale patto di devozione, che ha fatto la storia del tempio, ma anche della crescita spirituale della nostra comunità. Dalla devota e festosa accoglienza, nel momento della miracolosa venuta nella nostra cittadina del Sacro Quadro, la fede in Esso si è andata man mano rafforzando, sì da diventare incrollabile come il Sasso, che ha accolto dapprima la Sacra Immagine e che, sfidando i tempi, è ancora possibile osservare alle spalle dell’altare maggiore. Di pari passo con la fede è poi cresciuto il tempio, soprattutto nel corso dell’ultimo secolo, fino ad assumere un assetto pressoché definitivo in anni recenti.

Esso risulta attualmente costituito da tre navate: una centrale chiusa dall’abside che accoglie l’altare maggiore su cui si innalza il trono mariano, e due laterali costituite da quattro cappelle ciascuna. A destra, entrando, quelle dedicate al Santissimo, a San Giuseppe, ai S.S. Cosma e Damiano, per concludere con quella realizzata nel 2003 e dedicata a Santa Lucia e a San Pio da Pietrelcina. A sinistra di chi entra troviamo le cappelle dedicate a Sant’Antonio, all’Arcangelo Raffaele, a San Giovanni e Santa Chiara, per concludere con quella degli ex voto.

Delle vicende di queste cappelle troviamo notizia nel libro di Gabriele Inglese “Breve Storia del Santuario di Maria SS. Della Libera di Rodi Garganico”, del 1956, e in quello più recente di Candida Gentile “Il Santuario di Maria SS. della Libera, la bruna Madonna d’Oriente di Rodi Garganico”, del 2008. Così come in essi troviamo notizie relative a tutte le vicende che nel corso degli anni hanno riguardato la statica di questo tempio, originate dalla realizzazione della cupola o da eventi sismici.

Nel 1976 è stata realizzata dall’artista romano Ernesto Lamagna la porta bronzea d’ingresso, quella “Porta della vita” costituita da quattro pannelli: due nella parte superiore, il primo con l’immagine di una donna con al petto un figlioletto, l’immagine di ogni mamma, l’immagine della madre di tutti gli uomini, l’immagine della madre di Cristo; l’altro in cui un uomo si apre a fatica un varco tra le sofferenze quotidiane e le speranze sulla scia di Cristo.

Nella parte inferiore altri due pannelli, in cui i temi religiosi si legano a quelli della vita quotidiana, una vita che per i rodiani è proiettata da sempre sul mare, ma una vita che trova nella chiesa la sua ancora di salvezza.

Anche le vicende relative all’esterno della chiesa e alla sistemazione dello spazio antistante, sono degne di essere ricordate: dalle acacie messe a dimora dal contadino Ziretto verso la fine dell’Ottocento, ai pini di oggi, alla Croce giunta lì dopo diverse collocazioni e che ricorda la vittoria nella battaglia di Lepanto del 1571, da parte delle navi cristiane su quelle turche. Quanta storia in quel prolungamento del sagrato compreso tra le due cappelle laterali con la semplice facciata, che esalta il portale e su cui fa bella mostra un mosaico, opera di Michele Mellini, che riproduce Rodi su cui troneggia la Madonna della Libera, mentre due nicchie accolgono le statue di San Giuseppe e di San Nicola. La statua di Giovanni XXIII, un dono di don Michele Carrassi a ricordo dei suoi 25 anni di sacerdozio, è posta sul sagrato a vegliare e benedire le frotte di ragazzi che animano questo spazio.

Le vicende di questo sacro luogo hanno avuto due momenti importanti: il primo nell’elevazione a Santuario Mariano Diocesano, con decreto emesso il 10 maggio 1956, giorno dell’Ascensione, da mons. Andrea Cesarano, dopo attenta relazione dell’Arciprete don Carmine Giovannelli, che evidenziava la costante e immensa fede del popolo garganico nel corso di cinque secoli di storia; l’altro momento importante è dato dall’incoronazione della Madonna della Libera come Regina del Gargano, avvenuta il 1° luglio 1985.

Il culto della Libera, infatti, è da tempo diffuso fino a Monte S. Angelo e a Mattinata, come attestano, nel corso dei secoli, i 27 ex voto, molti dei quali ci riconducono a Rodi e riguardano naufragi scampati, ma altri sono dovuti a committenti di altri paesi, tra cui, appunto, Mattinata e Monte Sant’Angelo. La diffusione del culto della Libera nel Gargano è attestata, però, anche da testimonianze scritte, relative, per esempio, alla guarigione del quindicenne Saverio Trotta di Mattinata, avvenuta nel 1882 e tramandataci dal Can. Francesco Finizia, o del bambino Antonio Manicone di Vico, nel 1900. Ma ogni rodiano ha da raccontare qualche miracolo ricevuto per intercessione della Libera e che porta scolpito nella sua memoria e ancor più nel proprio cuore. Ogni rodiano costretto ad allontanarsi dal proprio paese, portava con sé un’immagine della Libera. Questa fede fa sì che da quattro secoli e mezzo il 2 di luglio di ogni anno vengano tributati a Lei grandissimi onori.

Ogni anno, in questa data, sembra rinnovarsi il miracoloso incontro del Sacro Quadro con il popolo di fedeli.

Ma il culto della Libera va ben oltre i confini garganici, esso è attestato a Mongiuffi Melia, in provincia di Messina, in seguito a rapporti commerciali agrumari intercorsi tra Rodi e quella cittadina.

Una Storia diversa, di emigrazione, è sottesa alla diffusione di questo culto ad Hoboken, nel New Jersey (USA), dove molti nostri concittadini emigrarono nei primi anni del secolo scorso e da dove la famiglia Guglielmelli ha rimandato il labaro custodito ora nella cappella di Santa Lucia e San Pio.

La presenza del culto della Vergine sotto il nome della Libera anche in altri paesi, pur riconducibile a vicende diverse, ha, in questi ultimi anni, costituito la spinta a trovare tra questi stessi paesi una comunanza di intenti almeno religiosi e a procedere a gemellaggi, come è stato già fatto con Pratola Peligna, in provincia dell’Aquila, con Alatri, in provincia di Frosinone, con Pietrelcina in provincia di Benevento.

Esaltante questo ampio patronato della Vergine della Libera, commovente la partecipazione di tante persone di diversa provenienza ad un unico culto, che aiuta a creare momenti di aggregazione e a superare gli egoismi e i particolarismi così diffusi nella società d’oggi.

Pietro Saggese

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