Querelle porto, il Comune replica all’atto d’accusa di Cidonio

Porto Turistico Rodi GarganicoNei primi giorni di Aprile l’Impresa Pietro Cidonio, in qualità di concessionaria del Marina di Rodi Garganico, fece pervenire all’ufficio protocollo del Comune di Rodi Garganico un atto di intimazione e messa in mora con il quale addebitò all’Ente rodiano una serie di responsabilità e inadempimenti, chiedendo contestualmente il versamento entro sessanta giorni di oltre 7 milioni di euro nonché il riconoscimento del mancato obbligo di ripascimento del litorale in ambiti esterni al porto. Con l’atto che si riporta integralmente, notificato anche alla Regione Puglia e alla Provincia di Foggia, il legale di fiducia del Comune di Rodi Garganico respinge ogni accusa replicando integralmente a quanto asserito dall’impresa romana.

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Scrivo la presente in nome e per conto del Comune di Rodi Garganico che mi ha conferito incarico di riscontrare il vostro atto di intimazione e costituzione in mora in data 24 marzo u.s., pervenuto al Comune in data 2 aprile 2015.

Con tale atto l’Impresa Cidonio ha effettuato alcune richieste avvertendo che in caso di mancata soddisfazione delle stesse “la concessione deve intendersi sciolta e priva di efficacia”; ha quindi diffidato i destinatari “all’adozione delle occorrenti determinazione anche in ordine alla ripresa in consegna delle opere oggetto di concessione”.

La prospettazione contenuta nel menzionato atto di intimazione è del tutto erronea ed infondata sia con riferimento alle richieste effettuate, sia con riferimento alle conseguenze che deriverebbero dal decorso del termine assegnato.

Con riferimento al primo aspetto, l’atto di intimazione dell’Impresa Cidonio reitera richieste che sono state più volte formulate e più volte motivatamente respinte dal Comune di Rodi (come si ammette nello stesso atto).

In proposito è sufficiente rammentare quanto segue.

  • La sentenza del Consiglio di Stato n. 6163/2013 ha sancito che l’impresa Cidonio non ha titolo per iscrivere ipoteca sui beni portuali ricadenti nella concessione demaniale marittima poiché non è proprietaria delle opere realizzate, trattandosi di opere pubbliche realizzate con fondi pubblici. Il diniego opposto dalla Regione era dunque pienamente legittimo e doveroso; non corrisponde peraltro al vero che tale diniego sia stato emesso “aderendo ad un apporto partecipativo al procedimento del Comune”; al contrario è il Comune che ha dovuto prendere atto della fondatezza della posizione espressa dalla Regione nell’atto di diniego.
    La sentenza del Consiglio di Stato ha fatto piena applicazione di principi noti ed inderogabili, che addirittura comportano la nullità di diritto delle clausole contrattuali difformi; sicché la Cidonio non può sostenere che la sentenza abbia prodotto una “incisione dell’equilibrio economico-finanziario” del contratto: l’equilibrio rilevante è solo quello conforme alla causa del contratto e alla legge imperativa.
  • La sentenza del Consiglio di Stato n. 6163/2013 nulla ha disposto con riferimento agli artt. 2 (accollo da parte della Cidonio dei canoni di concessione demaniale per il periodo anteriore al subingresso) e 7 (accollo da parte della Cidonio del costi della procedura di gara, della direzione lavori a del collaudo) della Convenzione stipulata inter partes; nessun argomento può trarsi dalla citata sentenza per affermare che tali clausole sarebbero nulle ex art. 1418 c.c. o per contrasto con il tipo negoziale della concessione di opera pubblica; la Cidonio non può dunque rimettere in discussione le prestazioni economiche richieste dalla lex specialis della gara, liberamente accettata dal soggetto aggiudicatario.
    Non può dunque in alcun modo sostenersi che l’aver versato le predette somme, contestualmente alla stipula del contratto, abbia potuto causare una alterazione del sinallagma contrattuale.
  • Il Compendio Immobiliare del foro boario è stato trasferito alla impresa Cidonio nel 2007 con apposito contratto, in fedele esecuzione della Convenzione, senza che sia stata sollevata alcuna eccezione o riserva né in sede di contratto né successivamente; compete dunque alla attuale proprietaria tutelare i beni nel confronti di eventuali turbative da parte di terzi, avvalendosi dei rimedi privatistici offerti dall’ordinamento; il Comune è ormai del tutto estraneo a tale vicenda, e non può certo emettere ordinanza di sgombero a tutela di beni di natura e proprietà privata.
    D’altro canto l’Impresa Cidonio avrebbe da tempo ottenuto la liberazione del beni se avesse tempestivamente esercitato le azioni previste dall’ordinamento civile, in tal modo rimuovendo l’asserito pregiudizio economico; sicché anche tale contestazione si rivela del tutto pretestuosa.
    In ogni caso va evidenziato che il valore di tali beni è quello indicato negli atti di gara e nel contratto (€ 400.000,00), somma ben distante dall’asserito pregiudizio indicato nell’atto di intimazione.
  • La lex specialis della gara prevedeva il versamento in favore del concessionario di un contributo pubblico pari ad € 3.600.000.00 soggetto a ribasso d’asta; la somma indicata era dunque pari al complesso dell’apporto finanziario messo a disposizione dal Comune e quindi al lordo, di tutte le eventuali tassazioni e ritenute; nessuna disposizione del bando o della Convenzione abilitava a ritenere che la predetta somma dovesse essere intesa come oltre IVA a carico del Comune (ammesso e non concesso che su tale somma debba essere applicata la tassa sul valore aggiunto).
  • Sulla estensione degli obblighi gravanti sulla Cidonio con riferimento ai fenomeni di insabbiamento si è diffusamente replicato con precedenti note di questo studio che qui devono ritenersi integralmente richiamate.
    Per i principi che regolano la progettazione e la esecuzione dei lavori pubblici, l’Impresa Cidonio è pienamente ed integralmente responsabile sia della progettazione che della esecuzione delle opere portuali, avendo recepito e validato tutta la progettazione preliminare e definitiva effettuata anteriormente alla gara; sicché non può addossare ad altri la responsabilità di aver “sottovalutato” gli effetti che il porto avrebbe comportato sull’ecosistema circostante.
    Con riferimento alle aree portuali affidate in concessione, pertanto l’Impresa Cidonio è obbligata ad effettuare tutti i dragaggi necessari per il mantenimento della quota batimetica di progetto e ad assicurare la completa funzionalità del porto effettuando la manutenzione ordinaria e straordinaria a tal fine necessaria, ai sensi detle lettere h) e k) della concessione demaniale marittima n. 1/2012, che la concessionaria ha espressamente dichiarato di accettare in sede di voltura in suo favore della medesima concessione.
    Tali obblighi non possono in alcun modo essere soggetti a limiti quantitativi o qualitativi non essendovi alcuna previsione in tal senso nei richiamati atti concessori e contrattuali, ed essendo del tutto irrilevanti gli atti o gli studi prodromici alla gara che non hanno trovato recepimento nelle obbligazioni espressamente convenute tra le parti. Si disconosce pertanto ad ogni effetto di legge che il Comune sia ritenuto a rimborsare alla Cidonio le spese asseritamente sostenute per dragare l’area portuale, essendo tale onere a carico della società concessionaria in virtù delle menzionate previsioni che regolano il rapporto tra le parti.
    L’Impresa Cidonio è altresì tenuta a mitigare gli effetti di insabbiamento e di erosione che la struttura portuale sta arrecando sulle aree litoranee circostanti; è quindi tenuta a ripristinare la linea di costa mediante gli interventi richiesti con la nota comunale in data 11.12.2013 prot. n. 13572, e/o mediante altri interventi ritenuti opportuni e necessari allo scopo.

Il Comune di Rodi non è dunque tenuto a versare le somme indebitamente richieste dall’Impresa Cidonio, né a soddisfare le altre richieste contenute nel menzionato atto di intimazione.

Ne consegue che non sussistono i presupposti per riconoscere che l’equilibrio economico-finanziario del contratto sia venuto meno, anche per le ragioni evidenziate nella nota di questo studio in data 12/2/2015.

In sintesi sul punto occorre rammentare che, al sensi del comma 8 del citato art. 143 d. leqisl. n. 163/2006. la revisione dell’equilibrio del piano economico-finanziario va effettuata solo a seguito di variazioni “apportate dalla stazione appaltante” o dalla entrata in vigore di “norme legislative e regolamentari che stabiliscano nuovi meccanismi tariffari”.

Nel caso di specie, al contrario, non solo non sussistono tali presupposti, ma nella richiesta di revisione delle condizioni di equilibrio avanzata in data 12/1/2015 l’Impresa ha fatto riferimento a un “nuovo scenario di riferimento e delle mutate condizioni economiche” (nella istanza non si indicano difatti quali norme sopravvenute avrebbero inciso sulle tariffe praticate o sulla gestione dell’opera). Sicché, in sostanza, l’imprenditore, avendo sbagliato le sue valutazioni economiche e finanziarie, chiede di spostare il rischio d’impresa sulla amministrazione comunale, pretendendo di mantenere intatto il suo utile, originariamente stimato sulla base di erronee valutazioni di mercato.

È del tutto evidente che tale richiesta contrasta non solo con la normativa citata, ma anche con le basilari regole di una economia di mercato, nella quale l’imprenditore legittimamente consegue utili di impresa assai rilevanti proprio perché assume su di sé il rischio delle proprie valutazioni economiche e finanziarie.

L’impresa Cidonio ha liberamente scelto di partecipare alla gara, effettuando le proprie valutazioni imprenditoriali e presentando un Piano Economico e Finanziario basato sulle proprie stime economiche; all’esito di tali valutazioni imprenditoriali, si è liberamente vincolata a realizzare l’opera secondo le modalità indicate nel contratto; non può pertanto ribaltare sul Comune incolpevole il frutto dei propri errori sottraendosi alla forza giuridica del contratto stipulato tra le parti.

Inoltre, ai sensi del citato comma 8 dell’art. 143 del d. legisl. n. 163/2006, il ripristino delle condizioni di equilibrio potrebbe avvenire esclusivamente tramite la proroga del termine di scadenza delle concessioni e non certo attraverso il versamento di un prezzo aggiuntivo non previsto nei contratto o nel bando di gara.

Il Comune di Rodi respinge pertanto tutte le richieste formulate nell’atto di intimazione in data 24 marzo 2015 in quanto manifestamente infondate e in contrasto con la inderogabile normativa pubblicistica che regola il rapporto contrattuale tra le parti.

Occorre aggiungere, con riferimento al secondo aspetto dell’atto di intimazione, che il decorso del termine assegnato al Comune non può certo comportare che “la concessione deve intendersi sciolta e priva di efficacia”.

L’Impresa Cidonio sembra dimenticare che il contratto stipulato con il Comune ha natura pubblicistica, disciplinato da normativa peculiare, preposta alla tutela di interessi prevalenti che non sono liberamente disponibili dalla parte privata.

Il contraente privato non può pertanto unilateralmente decidere i tempi e le modalità di scioglimento del vincolo contrattuale, così come non può rinunciare alla concessione demaniale (la rinuncia alla concessione demaniale marittima è prevista solo nelle ipotesi di cui all’art. 44 del codice della navigazione, che nella specie non ricorrono).

Va anche rammentato che nel caso di specie, Il Comune di Rodi ha versato in favore del contraente privato la somma di € 3.600.000,00 per la realizzazione e gestione del porto turistico, avendo l’Ente locale considerato tale struttura come di preminente interesse per lo sviluppo economico e sociale della comunità locale.

L’abbandono della gestione prima della scadenza comprometterebbe il raggiungimento di tali finalità e pregiudicherebbe l’investimento economico effettuato dalla Amministrazione comunale; inoltre arrecherebbe ulteriori danni posto che il Comune si vedrebbe privato del corrispettivo annuale stabilito dall’art. 11 del contratto in un importo minimo garantito di € 100.000,00.

In definitiva, il concessionario non ha titolo per invocare la risoluzione del contratto non sussistendo alcun inadempimento da parte del Comune di Rodi né alcun altro presupposto che possa abilitare lo scioglimento unilaterale del rapporto contrattuale.

Ne consegue che l’abbandono della concessione o la modifica unilaterale dei termini di gestione stabiliti dalla convenzione, costituirà grave forma di inadempimento e comporterà la applicazione delle sanzioni previste dall’ordinamento oltre che l’obbligo di risarcire tutti i danni prodotti.

Avv. Nino Matassa

10 commenti

  1. Michele Panella

    IL DANNO DIFFICILE POI A TOGLIERLO..!!!!

  2. Marco Sciarra

    Michele Panella hai letto quello che c’è scritto nell’articolo o ti sei limitato solo al titolo?

  3. Michele Panella

    LUNGO LEGGERE PARE UNA TRSTE STORIA INFINITA..!!!!

  4. Marco Sciarra

    Lo immaginavo perchè se l’avessi letto avresti potuto farti un’idea più precisa dell’intera vicenda, esposta questa volta dal legale di fiducia dell’amministrazione

  5. Michele Panella

    PROVERO’ A LEGGERE..!!!!..MA SEMPRE STORIA INFINITA E’..!!!!

  6. Marco Sciarra

    È vero ma solo leggendo e documentandosi in prima persona è possibile parlare (e scrivere) con cognizione di causa

  7. Michele Panella

    CI SARANNO CERTAMENTI TANTI COMMENTI..!!!!

  8. Carmine d

    Deo gratias! Finalmente qualcuno si è letto il contratto!

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