Dodici milioni di euro in più nelle casse dell’Acquedotto, pari a circa 8 euro l’anno per ciascuna famiglia pugliese. L’aumento delle tariffe idriche deciso tre giorni fa dall’Autorità d’ambito è, a livello politico, il primo segnale di distensione tra i sindaci e l’Aqp.
Ma è anche il via agli aumenti progressivi del costo dell’acqua, che nei prossimi anni dovranno finanziare gli investimenti necessari al sistema idrico della Puglia. In ambienti vicini al governo regionale, per quanto questo possa sembrare un paradosso, si parla degli aumenti in termini positivi. Non per il fatto in sé (l’aver portato il costo dell’acqua da 1,31 a 1,36 euro al metro cubo), ma perché questa «concessione» da parte dell’Ato potrebbe consentire di sollevare un macigno che pesa sulle spalle dell’Aqp. L’Ato, infatti, chiede all’Acquedotto di restituire i circa 83 milioni incassati con gli aumenti tariffari fino al 2005: Aqp avrebbe dovuto utilizzare quei soldi per gli investimenti, e non lo ha fatto.
La questione è approdata davanti al Tar di Bari, che potrebbe esprimersi già in settimana. Ed è evidente che condannare l’Aqp a restituire 83 milioni equivarrebbe a mandarlo in bancarotta. Per questo tra le parti si è molto vicini a un’intesa, in termini che suonano più o meno così: l’Ato ha sbloccato gli aumenti tariffari, che consentiranno all’Aqp di dar corso agli investimenti programmati. Contemporaneamente, Aqp si impegnerà a far recuperare gli 83 milioni all’Ato su base decennale: la proposta di modifica del Piano d’ambito (il documento che descrive la gestione del servizio idrico integrato) ha infatti spalmato la somma nell’arco di un decennio. Quest’aspetto non è secondario, ed ha a che fare con gli investimenti da realizzare in Puglia nei prossimi anni. Ad oggi, infatti, non è ancora stato chiarito se e quanti finanziamenti arriveranno al settore idrico dal Por: meno soldi europei ci sono, più soldi dovranno versare i cittadini attraverso le tariffe.
D’altro canto, i bilanci di Aqp vivono sul filo di un equilibrio molto sottile: l’Acquedotto ha subito un aumento importante dei costi di gestione (l’elettricità), e sta per affrontarne uno ancora maggiore. Oggi, infatti, l’acqua viene pagata all’ingrosso 25 lire al metro cubo, ma quando sarà operativa Acqua spa (la società bilaterale Puglia-Basilicata che sostituisce l’Ente irrigazione) questo costo sarà più che raddoppiato. È dunque evidente che non si può strozzare l’Acquedotto, congelando gli aumenti tariffari (in Puglia gli ultimi risalivano al 2005) e contemporaneamente obbligandolo a rimborsare di botto 83 milioni: quest’ultima minaccia aveva preoccupato molto il governo regionale, che infatti si è speso per trovare un punto d’intesa. L’accordo con l’Ato chiude infatti una fase di rapporti burrascosi e ne apre u n’altra, totalmente nuova, che una fonte interna definisce come «il minimo di correttezza istituzionale».
Ma l’Acquedotto resta osservato speciale, come ha fatto capire venerdì il sindaco di Bari, Michele Emiliano, che è anche segretario regionale del Pd: «È necessario – aveva detto Emiliano – che a fronte delle determinazioni dell’Ato corrisponda un altrettanto responsabile atteggiamento da parte di Aqp, nella direzione della effettiva attuazione degli investimenti previsti nel vigente Piano d’ambito». Parole che suonano come ultimative. Nel frattempo, sull’aumento delle tariffe idriche ieri si è registrato l’intervento del capogruppo regionale di Fi, Rocco Palese, che ha definito Vendola «principe delle contraddizioni». Secondo Palese le politiche regionali sull’acqua sono «approssimative ed estemporanee», e oggi le famiglie pugliesi sono «chiamate a tamponare i tanti errori commessi, ad iniziare dalla assenza completa di ogni investimento». «Se ha il coraggio – conclude Palese – Vendola protesti ora contro se stesso e contro la politica idrica del suo governo, che sino ad oggi non ha prodotto altro che il nulla, aumenti a parte». Tuttavia, la proposta di revisione del Piano d’ambito prevede nuovi aumenti progressivi delle tariffe. I pugliesi pagheranno circa 2 centesimi al metro cubo in più l’anno nei prossimi tre anni: ben al di sotto di quanto vorrebbe Aqp, ma comunque incrementi che peseranno sul potere d’acquisto delle famiglie.