Distano entrambi poco meno di 30 miglia marine (poco più di 50 chilometri) da Peschici. E da Vieste è certamente più vicino l’arcipelago croato di quello italiano. Del resto, anche a vista d’occhio, ai visitatori della parte più turistica del Gargano e quindi di Puglia – la litoranea Peschici -Vieste, appunto – le Isole Pelagosa sono più vicine delle Tremiti. Per questo il via libera della Croazia alle perforazioni petrolifere in Adriatico, per la Puglia, equivale quasi a un via libera italiano. Anzi, è molto peggio: i croati avranno i benefici del petrolio e i danni paventati dagli ambientalisti non potranno essere arginati entro i confini croati.
Come riportato domenica scorsa dal Sole 24 Ore, un mese fa il governo croato ha emanato il bando per l’esplorazione e lo sfruttamento di idrocarburi in Adriatico ed entro novembre sarà chiusa l’asta che nei primi mesi del 2015 sancirà i vincitori, tra le circa 40 compagnie di mezzo mondo – comprese l’ExxonMobil, la Shell e anche l’Eni – interessate a esplorare i 29 blocchi di fondale adriatico (dai mille ai 1.600 chilometri quadrati l’uno) che promettono tanta energia. In particolare, stando al ministro croato degli Esteri Ivan Vrdoljar, l’Adriatico croato sarebbe «una piccola Norvegia di gas a Nord e di petrolio a Sud». E il Sud è dinanzi alla Puglia, laddove la Croazia stima che nel mare di sua pertinenza ci siano giacimenti su 12′ mila chilometri quadrati per 3 miliardi di barili. Uno dei 29 blocchi messi all’asta dal governo di Zagabria riguarda le Isole Pelagosa.
Una tripla beffa per i pugliesi, in particolare per gli ambientalisti del movimento «No Triv». In primo luogo perché vengono «dribblate» le numerose proteste che ebbero inizio esattamente 4 anni fa (alla tine del mese di aprile del 2010) all’indomani del parere positivo espresso dall’ufficio Valutazione di impatto ambientale del ministero dell’Ambiente (all’epoca guidato dalla ministra Stefania Prestigiacomo) alla richiesta della Petroceltic Elsa di sondare il mare tra il Gargano e le Isole Tremiti alla ricerca del petrolio. Dopo numerosissime manifestazioni, da Termoli (con la partecipazione di Lucio Dalla nel maggio 2011) a Monopoli -sempre spalleggiate dalla Regione Puglia – negli ultimi tempi la protesta ha fatto qualche passo indietro rispetto ai toni assunti negli anni di Prestigiacomo e Corrado Clini. Forse anche perché il Senato intende vietare del tutto ogni ricerca di giacimenti nella parte italiana dell’Adriatico.
La seconda beffa è che se anche adesso – visto che le trivelle arriveranno comunque a ridosso del Gargano –l’Italia dovesse cambiare nuovamente idea e decidesse di esplorare i fondali adriatici, arrivando dopo i croati il meglio dei giacimenti’ sarebbe già in barili dalmati, visto che in fondo al mare non c’è confine che tenga. La terza e ultima beffa ha invece radici storiche. Perché le Isole Pelagosa, vista l’estrema vicinanza al Gargano, un tempo erano italiane. Anzi, prima ancora erano l’avamposto più remoto del Regno delle Due Sicilie in Adriatico. Dopo l’unità d’Italia diventarono amministrativamente della provincia di Foggia, la Capitanata, ma solo sulla carta: in realtà le autorità italiane non si curarono affatto delle Isole e non si premurarono d’installare un proprio caposaldo. Cosa che invece fecero gli austriaci nel 1873 impossessandosene ed erigendovi un faro. Con lo scoppio della prima guerra mondiale l’arcipelago fu occupato dall’Italia nel 1915 e nel 1920 tornò ufficialmente al Regno d’Italia. Ma questa volta non nella provincia di Foggia ma, insieme al comune di Lagosta, nella provincia.
vergogna, quell’isola ci apparteneva pure prima dell’ultimo conflitto mondiale !
Il rischio che questo potesse succedere era chiaro fin da subito. Del resto cosa ci si poteva aspettare di diverso in assenza di una sinergia unica a livello dei Paesi che si affacciano in Adriatico?
fa bene la Croazia: Italia svegliati! noi stiamo fermi a guardare.
Meglio essere protagonisti ed imporre i più alti standard di sicurezza ed ambientali con il coltello dalla parte del manico